Operaviva

Makemeitaly.it ha scelto Opera Viva per:

  • L’identità
  • La scelta etica
  • Il presente e il luogo
  • Il legame al territorio e la storia

 

L’IDENTITÀ

Operaviva è “cultura e arte gastronomica” concepita da Emilio Restori, medico con una passione smisurata per la ristorazione, un sogno realizzato nel 2015 insieme a sua moglie Betty.

Questa combinazione vuole essere un messaggio culturale profondo, stimolante e appassionante.

Alla base dell’identità di Operaviva non ci sono le ricette, ma la ricerca. Ricerca storica, ambientale e artistica, territoriale, ma non in senso folkloristico né tipico, bensì declinata al nostro tempo.

Declinare tutto questo al nostro tempo significa pensare all’oggi e al domani, significa anche prendere posizione e trasmettere un messaggio, senza guardarsi allo specchio e crogiolarsi negli esercizi di stile.

Per essere nel proprio tempo, bisogna anche essere nel proprio luogo, esplorarlo e magari cambiarlo.

LA SCELTA ETICA

La scelta etica non è un’opzione, ma è parte della nostra identità, sta nel pensare alla salute delle persone, evitare di avvelenarle con prodotti di sintesi, con olii e burro bruciati, con mancanza di equilibro nei carboidrati, con coloranti, destrosio e altro, con vini snaturati dalla chimica. Cerchiamo di far contenti i clienti, di stimolarli, di incuriosirli, di sfamarli e di non avvelenarli.

La scelta etica sta nell’ambiente, nel territorio e nella stagionalità. Rispettiamo il territorio, rispettiamo le coltivazioni biologiche e non distruttive, rispettiamo i cicli delle stagioni, rispettiamo il lavoro di chi ogni giorno vive e lavora la terra.

IL PRESENTE E IL LUOGO

Il Po, il mar Ligure, la via Emilia, la Via Francigena, il Garda, questi sono i luoghi della storia della nostra cultura gastronomica; è tutta qui, e dobbiamo solo comunicarla con lo sguardo al presente e al futuro, a tutto ciò che ci ha insegnato la rivoluzione della nouvelle cuisine, alla conoscenza chimica e organolettica dei prodotti, alla tecnologia di cucina, alla ricerca.

Pesce? Carne? Pasta? Vegano? Fusion? Non è il piatto a fare l’identità del locale, ma il contrario.

Il territorio, i suoi contadini, i pescatori, gli allevatori, i casari stanno alla base, la ricerca storica e culturale nobilita i loro prodotti, e la nostra cucina crea da questa sintesi le esperienze gastronomiche.

 

Piazzale Inzani è IL Piazzale, è il cuore della Parma storica, popolare, dinamica, viva. Il cuore delle barricate antifasciste, il luogo in cui poi Parma scopre cosa significa “multietnico”.

Pizzale Inzani non è un indirizzo ma fa parte dell’anima di Operaviva, è un pezzo della sua identità.

Operaviva sorge al posto di una delle più importanti trattorie parmigiane di sempre, una di quelle che hanno fatto la storia di quel “tipico” che ha esaltato e allo stesso tempo oppresso la gastronomia cittadina. Anche questo, in fondo, è parte del locale.

IL TERRITORIO E LA STORIA

Parma ha una storia diversa dalle città confinanti, completamente diversa, dovuta alla sua posizione, che nei secoli l’ha eletta snodo commerciale fondamentale per tutta l’Italia nord-occidentale.

La città si trova al centro di quattro vie di comunicazione fondamentali: la via Emilia, la via Francigena (che passa da Fidenza, salendo poi per l’appennino occidentale e dirigendosi verso la Lunigiana), l’asse Tirreno-Brennero (in origine non passava da Modena, perché a sud di Modena non c’è nulla, ma la strada principale era quella che dal Garda scende verso Mantova, passando poi da Sabbioneta, Colorno e Parma), che si divide in due tronconi: la Cisa e la strada per Genova (in origine, Via Farini si chiamava Strada dei Genovesi, perché punto d’arrivo delle merci dalla città ligure). A queste vie di terra si aggiungono il Po e il Mar Ligure, che contribuiscono a creare la regione storica, commerciale e culturale della Lunezia, fondamentale fin dai tempi dei Romani.

Parma è stata capitale di uno stato indipendente soprattutto grazie alla propria importanza strategica e commerciale. La storia di Parma si lega alla storia di tutte queste vie di comunicazione. Uno dei principali business della città, dal tardo medioevo al Rinascimento, era il commercio di bachi da seta e bozzoli, che arrivavano da Venezia, Genova o Pisa. Nonostante questa attività sia stata abbandonata col tempo, ha lasciato segni indelebili: per esempio la diffusione della coltivazione dei Gelsi, unica alimentazione dei bachi da seta, nell’Appennino Parmense, totalmente assente nelle zone confinanti. Questo ci fa immaginare facilmente la presenza di altri prodotti asiatici e tipici della via della seta, come le spezie.

Parma è città dei Farnese e dei Borbone, due tra le dinastie fondamentali del rinascimento in Europa. Il Duca Alessandro Farnese fu ammiraglio durante la Battaglia di Lepanto, momento cruciale della storia del nostro continente. L’importanza di Parma è segnata anche dalla torre del palazzo comunale, considerata la più alta in Italia, crollata nel XVII Secolo. La città è ancora sede dell’Ordine Costantiniano di San Giorgio, simbolo di Casa Borbone (e del ramo Borbone Parma).

Un’altra svolta arriva poi con Napoleone, gli Asburgo e Maria Luigia, durante il cui Ducato si intensifica il rapporto diretto con la Francia, che segnerà in maniera definitiva la città a livello architettonico, linguistico, culturale e gastronomico.

TERRITORIO E ALIMENTAZIONE

In origine, l’alimentazione parmense (e parmigiana) era figlia del Po. Cereali e riso stavano alla base della dieta quotidiana degli abitanti.

Il riso è un capitolo interessante: tutta la Pianura Padana, soprattutto nella parte occidentale, era una risaia e, anche se nei secoli questa coltivazione è stata abbandonata, rimane nella zona della Lomellina (provincia di Pavia) e nella pianura Mantovana tra il Mincio e il Po, zone riconosciute a livello internazionale.

Il Po dava pesce di ogni tipo, e ricordiamo che l’umanità si è nutrita soprattutto di pesce per millenni.

Poi verza, uova, castagne, e pochi semplici ortaggi, formaggi di latte stracco. Raramente la carne, mai i formaggi nobili come il Parmigiano né i salumi, appannaggio dei nobili.

Salendo verso la montagna, carne di pecora, qualche animale da cortile.

La pasta all’uovo non è presente sulle tavole parmigiane fino all’avvento di Maria Luigia (e, in generale, non è presente in Italia prima del XVII secolo, quando appare grazie ai cuochi della corte Estense).

Questo offre il territorio, e poi c’è il commercio.

Da Genova e Venezia arrivano stoccafisso e baccalà, che rappresentano un alimento fondamentale per secoli e secoli. Dalla via dei genovesi arriva pesce azzurro: alici, sardine, tonnetti, sgombri, che a Parma vengono lavorati e conservati, e pesci poveri come il cefalo, semplici da conservare. Ricordiamo inoltre che, fino al Rinascimento, in Liguria si produceva una sorta di colatura d’alici, fatta attraverso la fermentazione al sole di tutti gli scarti di pesce, più acciughe e alici piccole. È facile immaginare questo liquido sapido e saporito come condimento sulle tavole nobili dei parmigiani (in medio oriente ci si condiva il pollo…).

Dalla via dei bachi da seta arrivano, come dicevamo, le spezie, che dobbiamo immaginare sulle tavole nobili e, in generale, dei ricchi.

Il mix tra frutta e salato esisteva, non è figlia della nouvelle cuisine. Esisteva eccome, e quasi tutti i piatti, soprattutto di carne, avevano una componente dolce.

E allora dove stanno gli anolini, i tortelli, il prosciutto, la punta di vitello?  Come tutte le ricette, anche queste sono figlie del proprio tempo, segnano un momento storico, e sono state comunemente elette a simbolo della gastronomia parmigiana. Per esempio, i tortelli e gli anolini non esistevano prima di Maria Luigia.

In realtà la “tradizione” e la tipicità stanno più nella produzione agricola che nelle ricette che consideriamo tipiche, le quali in realtà sono frutto di secoli di contaminazioni. L’alimentazione e la cucina si evolvono con la società, e le radici agricole di ogni territorio ci danno la possibilità di rielaborare il percorso della gastronomia.

La storia dell’alimentazione va studiata in base al territorio e alle vie commerciali, e su questa ricerca si basa il lavoro di Operaviva, lontano dal tipico ma legato alla storia del territorio.

 

La cultura, intesa come tradizione e contaminazione: questo è Piazzale Inzani, e questo deve essere Operaviva.